di Edoardo Rivetti
“I chitarristi passano metà della propria vita ad accordare
lo strumento e l'altra metà a suonare scordati.” Andrés Segovia
Per sopravvivere al dubbio iperbolico, non solo l'uomo, ma
anche la società deve trovare delle rade il più possibile al riparo da venti.
Ogni società fabbrica le sue, di rade, ed oggi viviamo nell'era della sicurezza
scientifica. Due sono le caratteristiche che sono proprie di ciò che ci viene
mostrato come scienza: il fatto che i suoi risultati destino in noi una
sensazione di sicurezza e la torre d'avorio, aperta per solo pochi eletti, che
ne è la sede. Ma ciò che si nasconde in quell'inoppugnabile edificio è davvero
la scienza, quella vera?
Herbert Marcuse ne “L'uomo a una dimensione” afferma che il
metodo conoscitivo della scienza è, per sua virtù, capace di figurare un
universo sterminato dall'obiettività irraggiungibile. Come dare torto a chi si
culla nei passaggi logici che intercorrono in una dimostrazione matematica?
Come preferire a questa placida passeggiata scandita da rassicuranti “=”, una
tortuosa gita negli erti sentieri (spesso interrotti) della filosofia, che la
maggior parte delle volte portano in selve oscure (o in foreste nere)?
Ma il metodo scientifico vero è ben diverso, molto più
insicuro ed affascinante. Si prenda il caso dell' esistenza delle onde
gravitazionali, ipotizzata da Einstein più di cento anni fa e l'11 febbraio di
questo anno verificata in modo diretto. Tutti a gioire di questo fatto quando
in realtà la risposta che avremmo dovuto auspicare sarebbe dovuta essere la
confutazione. Perché? Una teoria scientifica non si proverà mai giusta, ma solo
confermata. Non esiste il medioevale “Libro della natura” in cui verificare la
correttezza delle formule partorite dalla mente geniale dei fisici di tutta la
storia; quindi, le uniche formule di cui saremo mai in grado di determinare la
verofalsità saranno quelle non verificate dai dati, quindi solo quelle false.
La meccanica newtoniana per secoli è stata accettata come vera, salvo essere
rimpiazzata dalla fisica di inizio novecento, relativistica e quantistica.
Wittgenstein in “Della certezza” sottolinea proprio come la correzione a una
qualunque opinione non sia in alcun modo più certa di quella che ha sostituito,
fondamentalmente perché la stessa certezza altro non è che una “nidiata di
proposizioni” senza alcuna verità al di là del nostro credere in esse in modo
sociale; tanto è illusoria la nostra certezza, quanto è vero che una
riformulazione di un intero sistema desta molte meno preoccupazioni di una
falla nella nostra sicurezza.
La scienza che studia la natura si muove in forma
squisitamente dialettica; l'unico passo avanti è l'aufhebung (il superamento) che fa collassare
i giganti sulle spalle dei quali ci siamo issati. Ancora con Hegel, possiamo
dire che nella scienza si applica la formula omnis determinatio est negatio,
certo, con un significato riveduto e corretto, ma sempre aderente alla sentenza.
Il tutto fa apparire un nuovo volto della scienza, la rende
quasi un bimbo innocente ed ancora inesperto di ciò che lo circonda. Molto
diverso da quanto ci viene propinato: la scienza che con i suoi LHC ci detta come va il mondo, salda e forte
come Anteo. Peccato che Eracle lo sconfigga, Anteo, semplicemente sollevandolo
da terra.
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere.
Fallisci ancora. Fallisci meglio.” (Samuel Beckett)
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