martedì 1 dicembre 2015

Compendio della quinta conferenza


di Simone Mela

Lavoro salariato e capitale" è una raccolta di cinque articoli che Karl Marx pubblicò per la Gazzetta Renana nell'aprile del 1849, i quali articoli prendevano come oggetto le rispettive cinque conferenze che il filosofo di Treveri tenne all’“Associazione degli operai tedeschi” di Bruxelles affinché il contenuto delle sue ricerche scientifiche potesse essere accessibile e divulgato presso il grande pubblico.
Quello che vorrei tentare di fare, con le necessarie dovute proporzioni, è di riproporre nella maniera più semplice il contenuto della quinta conferenza. In essa Marx si pone lo scopo di analizzare l’incidenza che la crescita del capitale produttivo ha sul salario. Il salario è il prezzo della merce forza-lavoro che l’operaio cede al capitalista. Questa merce viene pagata in base ai costi necessari per produrla, ossia i costi necessari per mantenere in vita l’operaio. Si potrebbe dire che il dominio del capitale produttivo abbia una sorta di effetto domino. Il primo passo prevede l’eventuale aumento del capitale produttivo; aumentando il capitale produttivo cresce la dimensione del capitale e il numero dei capitalisti. Cresciuto il numero di questi ultimi si crea una concorrenza che sarà vinta dal capitalista che venderà a prezzi migliori. Per fare ciò deve aumentare la forza produttiva e quindi mettere a punto la divisione del lavoro combinata al miglioramento dei macchinari. Questo che cosa significa? Significa che tanto più grande diventa il numero degli operai tra i quali viene diviso il lavoro, tanto più vantaggioso diventa il lavoro. Le innovazioni messe in atto da quel capitalista verranno universalizzate dagli altri capitalisti e quindi per venirne a capo nuovamente, si dovrà attuare un’ulteriore divisione del lavoro e utilizzare macchinari migliori. Badate bene che questo processo è infinito e ha come risultato quello di rendere il lavoro dell’operaio sempre più semplice e monotono, in quanto ogni operaio compierà il lavoro di cinque, dieci, quindici operai. Inevitabile a questo punto che il nostro operaio crei la concorrenza con altri operai trasformando questi ultimi in altrettanti concorrenti perché se questo si venderà a prezzi sempre più vantaggiosi per il capitalista, allora anche gli altri operai saranno costretti a vendersi alle stesse condizioni. Morale della favola? La forza-lavoro, che è una merce, più sarà semplice e priva di sforzi fisici e mentali, più bassi diventeranno i costi di produzione della merce forza lavoro. Conclusione? Maggiore è il capitale produttivo, minore sarà il salario. Lo stesso vale per l’uso di macchinari sempre più avanzati. Questi, infatti, spazzeranno via tutti quegli operai specializzati, omologandoli agli altri operai: semplici forze produttive. Abbiamo cominciato il nostro discorso dicendo che i capitalisti entrano in concorrenza tra loro, anzi in una guerra industriale, come la chiama Marx; questa guerra, paradossalmente, viene vinta dal capitalista che riuscirà a sfoltire, tramite il licenziamento, e non ad aumentare le schiere di operai a sua disposizione. Questo per il semplice motivo, già accennato prima, che i macchinari provocano il licenziamento di operai, i quali si troveranno a lavorare nelle fabbriche di quegli stessi macchinari che hanno causato il loro licenziamento. L'operaio finisce per occupare, tristemente, il ruolo di macchina imperfetta che darà vita a macchinari perfezionati.

(pubblicato sul numero 1 della rivista "La Voce del Padrone")

0 commenti:

Posta un commento