martedì 1 dicembre 2015

Tour Saint Jacques


di Menno Gabel

«Tristo l' allievo che non supera il maestro»
Spesso è il destino delle cose inanimate che ci permette di capire meglio, senza temere di essere depistati da ipocrisie, rimozioni, ripensamenti di comodo, ciò che veramente gli uomini rappresentativi di un’epoca hanno apprezzato o disprezzato, amato o odiato.
Al centro di un giardino al centro di Parigi si slancia al cielo la Torre di San Giacomo, o per meglio dire il campanile superstite della chiesa di Saint-Jacques-de-la-Boucherie, il venerato santuario gotico demolito nel 1793 dalle volonterose manovalanze rivoluzionarie della Rivoluzione Francese. Dicono che il campanile fu risparmiato per il suo particolare valore architettonico. Lo dicono gli eredi dei demolitori, ma noi sappiamo che il campanile si salvò non perché reliquia anche degli esperimenti di Blaise Pascal sulla pressione atmosferica, ma perché qualche industrioso borghese aveva intuito che la torre sarebbe stata più vantaggiosamente riconvertita in redditizia Tour à plomb, fabbrica di palle di moschetto per le armate della Repubblica secondo il processo inventato appena dieci anni prima dall’ ingegnere Watts di Bristol. Le campane rese inutili dall’abolizione delle feste religiose, delle settimane e delle domeniche sarebbero poi diventate cannoni.
La Tour Saint Jacques, oggi ammessa dall’UNESCO a far parte del patrimonio artistico dell’Umanità, è un significativo esempio di come la Rivoluzione Francese ha saputo valorizzare il patrimonio artistico ereditato dalle generazioni prerivoluzionarie. Quando anche i nostri intellettuali si indignano di fronte alla distruzione dei Buddha di Bâmiyân o del Tempio di Bel a Palmira devono assolutamente ricordarsi che il vandalismo non l’hanno certo inventato i Vandali, ma è una parola inventata apposta dall’Abbé Grégoire, un vescovo rinnegato messosi al servizio della Rivoluzione, per cercare di scoraggiare e frenare un po’ la sistematica spoliazione e distruzione di tantissime opere d’arte che hanno fatto la stessa fine del santuario di cui fu parte il campanile riconvertito a fabbrica di palle e pallini da guerra e da caccia.
Se pensate che sia irriguardoso confrontare il comportamento dei “tagliagole” dell’ISIS con i ghigliottinatori della Rivoluzione da cui anche Hollande è orgoglioso di discendere, pensate al destino dell’Abbazia di Cluny.
Nel 1789 quell’arcipelago di capolavori e tesori divenne “bene nazionale” a seguito del decreto del 2 novembre di quell’anno che confiscò i beni della Chiesa. Cominciava un tempo micidiale per gli edifici monastici e per l’abbazia. I Rivoluzionari nel 1791 distrussero con le mine gli edifici dopo averli svuotati di tappezzerie, suppellettili e oggetti di culto da rivendere al dettaglio. Gli archivi furono bruciati nel 1793 e la chiesa abbaziale fu abbandonata ai saccheggi. La tenuta dell’abbazia nel 1798 fu venduta per più di due milioni di franchi. L’8 maggio 1810 fu fatta saltare la facciata e il grande portale. L'abbazia fino al 1813 fu usata come cava di pietra per costruire le case del borgo vicino. Dell’edificio originario così non resta oggi che l’8%.
I “tagliagole” dell’ISIS sono diventati quasi altrettanto bravi dei loro esemplari poco occulti committenti.

(pubblicato originariamente sul numero 1 della rivista "La Voce del Padrone")

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