martedì 24 maggio 2016

Elezioni in Austria: un voto d'autoconservazione delle elite


di Simone Mela

Come già accaduto per le regionali in Francia, anche in Austria i partiti europeisti sono riusciti a negare la vittoria degli euroscettici, facendo convergere i loro voti verso il candidato dei Verdi, Alexandr Van der Bellen. A salvarli, è stato il discutibile voto per corrispondenza, che ha ribaltato il risultato di domenica. A questo punto bisogna chiedersi se, anche la prossima volta, lo spirito di autoconservazione delle élite riuscirà a prevalere ancora sulle necessità dei popoli europei.


Ballottaggio sul filo del rasoio ma a spuntarla è l’ex presidente dei Verdi, Van der Bellen. Alexander Van der Bellen, professore di economia ed ex presidente dei Verdi è il nuovo presidente dell’Austria. La giornata di domenica si era conclusa con un distacco minimo di 150 mila voti a favore del candidato del Partito della Libertà (Fpö) Norbert Hofer, il quale si era affermato con il 51,9% dei consensi.

Il risultato su mappa del voto di domenica. Van der Bellen trionfa solo nella città di Vienna e nel Voralberg, le zone più “colte” e con più densità di immigrati.



All’appello però mancavano i voti per corrispondenza, ossia quei voti degli Austriaci residenti all’estero e di chi è stato impossibilitato a recarsi personalmente alle urne, come per esempio i disabili. Se da questi voti, già al primo turno Hofer aveva preso il 10% in meno, anche questa volta i 900 mila voti per posta (200 mila in più rispetto a un mese fa) hanno confermato una tendenza negativa per il Partito della Libertà, registrando una netta preferenza per il candidato dei Verdi (61,7%). Alla fine la spunta proprio quest’ultimo con uno scarto di voti veramente irrisorio (50,03% dei voti): parliamo di appena 30 mila voti.
Gli elettori dei socialdemocratici (SPÖ) e dei popolari (ÖVP), sprovvisti di un proprio leader già dopo il primo turno, hanno deciso di virare sul più rassicurante e moderato professore al fine di scongiurare il pericolo rappresentato dallo “xenofobo, populista e ultranazionalista” Hofer. Missione compiuta: il giochino democratico del tutti contro uno, dunque, ha funzionato anche in questa occasione.
Si ricorderà questo film già visto lo scorso dicembre in Francia, in occasione delle elezioni regionali in cui il Front National dopo esser risultato primo partito in sei regioni su tredici, sette giorni dopo uscì sconfitto contro il “minestrone repubblicano” non riuscendo ad affermarsi in alcuna regione. Di sicuro Hofer in Austria, come in Francia il FN, esce a testa alta, ed anzi sarebbe da chiedersi quanto mai potranno durare queste grandi “coalizioni lberal-democratiche” nei prossimi appuntamenti elettorali di tutta Europa.
La stampa mainstream, ovviamente, non ha perso occasione di rivendicare la vittoria di Van der Ballen come una vittoria pro Europa e contro il populismo xenofobo. Agendo in questo modo però si rischia di sminuire, non accorgendosi o ignorando, problemi reali e concreti come quello dell’immigrazione incontrollata che non possono più essere ideologizzati ma affrontati e risolti.
Non è casuale a tal proposito, infatti, la distribuzione dei voti. Se Van der Bellen ha riscosso maggior successo tra gli universitari e i laureati, quindi tra il ceto dei benpensanti (81%), Hofer è stato favorito dagli operai (86%), da coloro i quali sono costretti a sganciarsi dal discorso politico dei partiti classici per trovare delle risposte che questi ultimi non sono riusciti a dare, forse troppo impegnati nel farsi portavoce di dei diritti civili e di avere una venerazione dell’immigrato a prescindere. Gli austriaci come anche altri europei stanno capendo piano piano che tipo d’aria tira in Europa (che non è tra le più salubri) e il cambiamento sembra prossimo. Si tratta d scegliere tra l’Europa delle banche, del capitale internazionale e dei nuovi schiavi e l’Europa dei popoli e delle nazioni. Staremo a vedere come finirà.
(Pubblicato originariamente su "L'Opinione Pubblica")

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