mercoledì 30 marzo 2016

Risorto - Risen, la recensione


di Beatrice Ambrosi

L’ultimo film di Kevin Reynolds, Risorto, uscirà nelle sale italiane il 17 marzo, non a caso a pochi giorni dalla Pasqua, celebrazione della risurrezione di Gesù. Il film, che narra appunto la resurrezione di Cristo contemplata nel Nuovo Testamento, appare come sequel non ufficiale de La passione di Cristo (2004) di Mel Gibson o perlomeno questo è l’intento del suo sceneggiatore Paul Aiello; effettivamente a primo acchito, anche solo guardando il trailer, viene subito da pensare al film di Gibson, ma le aspettative vengono deluse immediatamente. Il film è ben lontano dal capolavoro vincitore di tre premi oscar nel 2005 per la miglior fotografia, il miglior trucco e la migliore colonna sonora: non vi è quella risonanza, quella credibilità che arricchisce lo spettatore, non solo a livello di contenuti (Risorto, così come La passione di Cristo, non dice molto di quanto non è stato già detto e ridetto), ma a livello di forma e di immagine. La vicenda è sviluppata a mo’ di flashback, cominciando con l’immagine del protagonista Clavio (Joseph Fiennies), tribuno militare a servizio del prefetto Ponzio Pilato (Peter Firth), che seduto a tavola nella baracca di un tale, ricorda il percorso che lo ha portato in Galilea. Questo flashback appare quasi diviso in due parti: la prima più realistica, la seconda dai tratti misticheggianti. La divisione coinvolge anche lo sfondo in cui si svolge la vicenda, prima a Gerusalemme e poi in Galilea, nonchè il contenuto. Nella prima parte i due legionari Clavio e Lucio (intepretato dal giovane Tom Felton, ai più noto per il ruolo di Draco Malfoy nella saga di Harry Potter) vengono incaricati di trovare il corpo del Nazareno Yeshua (Cliff Curtis), scomparso dopo tre giorni dalla sua morte, nonostante la sua tomba fosse stata sigillata con corde molto resistenti, su consiglio del Sinedrio: Yeshua rappresenta infatti una minaccia per Roma e per il potere e potrebbe diventare un’arma di ribellione per i più deboli. Per cui nella prima parte, seguendo la suddetta divisione, viene mostrata questa grande caccia all’uomo da parte di un Clavio molto razionale, che vediamo rappresentato come abile soldato nella sequenza iniziale in cui i romani si scontrano con i giudei, a colpi di spade, scudi e sassi (questi usati dai secondi) . La condizione di Clavio si può riassumere nella locuzione latina “Si vis pacem, para bellum”: egli non viene presentato come il Miles gloriosus plautino, ma come un tribuno determinato e concentrato nel suo obiettivo di acquistare potere a Roma per potersi costruire una famiglia ed una villa in cui vivere in pace, in una quotidianità che sia priva di morte; non ricerca lo sfarzo ma il benessere. E’ proprio la determinazione di Clavio nella caccia, nello scovare cadaveri e nell’interrogare i testimoni della risurrezione di Yeshua che rende poco convincente la sua conversione; sebbene infatti il regista utilizzi l’espediente degli incubi in cui appare la faccia smunta dell’uomo crocifisso per creare confusione nella testa del tribuno, la sua conversione appare forse troppo rapida. Eppure a Clavio, non credente, il cui unico Dio è Marte, bastano le parole di una Maria Maddalena (Marìa Botto) a far sorgere dei dubbi alla sua ferrea convinzione: “Stai cercando qualcosa che non troverai mai. […] Apri il tuo cuore e guarda!” La prima parte del film è connotata da elementi storici come la datazione degli eventi (collocabili al 33 d.C.), i riferimenti all’imperatore Tiberio allora in carica, a Cesarea, cittadina in cui risiedeva ufficialmente Pilato, al Sinedrio e alla figura di Caifa; appare anche la Sacra Sindone che viene giustificata da Clavio dall’uso di erbe ed oli. La ricerca dell’uomo è accompagnata dalla musica di Roque Baños, degna di un film poliziesco, in grado di creare tensione e di dare maggior ritmo alla narrazione. La scena che unifica le due parti in cui è suddiviso il film è quella in cui i legionari invadono le case dei giudei per trovare i discepoli che Clavio scova nella dimora di Maria Maddalena assieme a Yeshua: qui l’abilità di Reynolds emerge da un’inquadratura sui sandali del tribuno che, incredulo, indietreggia; successivamente, si rivedono questi sandali andare avanti verso gli apostoli. Clavio ha veramente il Maestro davanti a sè e non riesce a conciliare il fatto di averlo visto morto e poi di nuovo vivo: a questo punto la sua sorpresa è enfatizzata dal clichè dei clichè, ovvero la spada che in slow motion gli cade dalle mani. E’ a questo punto che si apre la seconda parte della storia: Clavio lascia un messaggio agli altri legionari con su scritto che vuole avere risposte e per ciò seguirà gli apostoli in Galilea. Il soggetto della storia cambia, la caccia non è più rivolta al corpo di Yeshua (ormai in putrefazione), ma a Clavio, in carne ed ossa. Si apre un capitolo del film che appare troppo fantasioso, misticheggiante e poco elaborato: il modo in cui compare e scompare Yeshua agli apostoli appare artificioso, quasi fosse un fantasma che scherzosamente va e viene, quasi come avesse il mantello dell’invisibilità e scomparisse a suo piacimento. Convince, comunque, che per il ruolo del Messia sia stato scelto un uomo di origine maori come Cliff Curtis, che ha le fattezze di un semita e che rispetta quella iconografia che vuole Gesù con barba e capelli lunghi e con il naso aquilino. La caccia a Clavio continua ma viene subito interrotta quando viene scovato dall’ex compagno Lucio, al quale, puntandogli la spada alla gola, dirà “Oggi non muore nessuno!” inaugurando perciò un nuovo capitolo della sua vita, privo di guerra e di sangue. Ecco che quindi viene da pensare che fin dall’inizio il film si occupi solo marginalmente di Cristo e che forse il titolo “Risorto” sia riferibile anche a Clavio: egli è risorto, è rinato, dopo anni di battaglie, di fatica e di servizio; ha trovato qualcosa in cui credere veramente, che non costituisce alcuna minaccia perchè “Se Yeshua fosse qui ti abbraccerebbe” afferma l’apostolo Bartolomeo mentre è interrogato da Clavio. Il principio “si vis pacem, para bellum” non ha più importanza oramai ed è sostituito da un monito differente: se vuoi la pace, apri il tuo cuore.

(Pubblicato originariamente su http://www.rearwindows.it/ )


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