giovedì 1 ottobre 2015

Per un nuovo manifesto di Ventotene


di Simone Mela

''Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani''. E' un passo tratto dal Manifesto di Ventotene. Fu redatto sull'isola laziale di Ventotene nell'estate del 1941 nel bel mezzo della seconda guerra mondiale. A redigerlo furono due confinati politici antifascisti: Altiero Spinelli, ex comunista, e Ernesto Rossi, liberale, tuttora considerati i padri fondatori dell'Europa. Essi sognarono la creazione di un grande stato federale europeo mediante una rivoluzione di tipo liberal-socialista che doveva proporsi ''l'emancipazione delle classi lavoratrici e la creazione per esse di condizioni più umane di vita'', dove non ci fosse, al contrario di oggi, l'egemonia dell'economico sul politico in quanto le forze economiche devono essere sottomesse dagli uomini, ''controllate nel modo più razionale, affinché le grandi masse non ne siano vittime". Anelavano a un' Europa fondata sulla solidarietà, laddove solidarietà significasse agire con aiuti concreti e diretti che permettessero di preservare la dignità di un qualsiasi paese che si trovasse in difficoltà e non una qualche forma caritativa o un compromesso economico che non fanno altro che acuire il male di cui un dato popolo soffre: vedesi quello che è successo in Grecia con la svendita di 14 aeroporti alla compagnia tedesca Fraport, unico modo per accedere al terzo pacchetto di "aiuti". Ovviamente nella cooperazione sovranazionale immaginata da Spinelli ogni singolo stato avrebbe mantenuto la propria autonomia politica onde garantire la possibilità di adattarsi alle proprie peculiarità culturali e economiche. L'Europa era stata lacerata dalla prima guerra mondiale e stava per essere martoriata nuovamente; hegelianamente parlando Spinelli ha pensato la storia del suo tempo, aveva capito quali fossero i limiti e gli ostacoli per quel tipo di Europa e quali soluzioni somministrarle per metterla in salvo. A questi intellettuali non restava altro che auspicare un periodo di pace per l'intero continente a partire dall'abolizione della divisione in stati nazionali, dalla creazione di un unico esercito garante della libertà e della sovranità dei vari stati e ultimo, ma assolutamente non per importanza, dalla convivenza pacifica con la Germania. Una visione dell'Europa del tutto legittima a quei tempi che tuttavia non ha avuto piena realizzazione nei circa cinquant'anni successivi. Un esempio? Il trattato di Maastricht. Siglato il 7 febbraio 1992 da dodici paesi europei la CEE (comunità economica europea) diventa UE (unione europea) ;oltre alla moneta unica con la conseguente creazione di una banca centrale (BCE) ha introdotto tutta una serie di misure volte allo svuotamento totale della democrazia dei singoli stati. Abbiamo consegnato la nostra sovranità a enti sovranazionali eletti da nessuno (vedi la commissione europea o la BCE). Basti leggere l'articolo 107 in cui è scritto espressamente che i governi degli stati membri non possono interferire con le decisioni prese dalla BCE rinunciando di fatto alla propria politica economica e passando sotto il giogo del ricatto di Bruxelles. Un vero disastro in tutti campi: produzione, consumo e occupazione. Jean Pierre Chevènement ,socialista, nel 1992 si schierò contro la ratifica di Maastricht stigmatizzando il trattato in questo modo: <<Maastricht è il risultato di una concezione tecnocratica dell' Europa. E' l' Europa fatta attraverso la moneta, secondo le condizioni volute dalla Bundesbank tedesca>>. Non proprio la cooperazione pensata da Spinelli e Rossi.
Quello che occorre oggi è un altro Manifesto di Ventotene in cui si proclami, questa volta, l'uscita dall'Eurozona dei vari stati membri in modo tale che ciascuna nazione si riappropri della sovranità politica, economica ed anche territoriale. Ogni stato ha diritto alle proprie frontiere, alla propria politica, a, giustamente direi, propri interessi economici e soprattutto deve rispondere al popolo e al popolo solamente e non a banchieri di Bruxelles. Prerogative che possono entrare a pieno titolo sotto il lemma di Libertà. L'Europa va ripensata come fecero Spinelli e Rossi nel '41, i quali di certo non avevano le medesime idee politiche, ma su una cosa erano assolutamente d'accordo: la salvezza del continente. L'Europa deve tornare a essere quel mosaico di culture, tradizioni e civiltà che è stato troppo a lungo coperto dal grigiore della finanza e delle banche. Solo così potremo godere nuovamente di quella beethoveniana gioia: bella scintilla divina, figlia degli Elisei.


(Pubblicato originariamente sul numero 0 della rivista "La Voce del Padrone")

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